giovedì 30 ottobre 2014

Un'artìculu de Fiorenzo Caterini



La storia dei giganti nuragici scritta da Bud Spencer.


di Fiorenzo Caterini, dae SARDEGNAblogger


Non ho voluto umiliare pubblicamente quel bravo giovane archeologo, non lo meritavaproprio. Ma in disparte gliel’ho detto.
Gliel’ho detto che questa storia dei pugilatori non si può sentire.
Il giovane è arrossito e ha allargato le braccia, con un gesto di impotenza. Il protocollo prevede che si racconti la storia standard, mi confida sottovoce.
Non mi soffermerò sull’impatto che offre la vista di queste opere degli uomini nuragici di 3000 anni fa. Si resta assorbiti per un istante dalla spirale del tempo, come osservati da spiriti scesi dal passato. La soluzione del piccolo museo comunale è del tutto inadeguata, e su questo ci ritorneremo.
Quello che colpisce è l’incredibile ripetizione di clamorosi, persino ridicoli errori scientifici che si perpetuano automaticamente all’infinito, fino a diventare “storia ufficiale”, standard, da fornire agli incolpevoli visitatori.
Dal sito di Mont’e Prama continuano a riemergere le statue di codesti pugilatori, tanto da essere in larga maggioranza rispetto alle altre.
Ora, che uno schieramento di soldati preveda una maggioranza di gente che come ruolo ha quello di fare a cazzotti, già dovrebbe far sorgere qualche dubbio. Così come dovrebbe far sorgere il dubbio che, tra i ruoli bellici, in tutta la storia, si siano visti arcieri, messaggeri, frombolieri, artiglieri, ma mai pugilatori. Il corpo a corpo a mani nude, infatti, è l’ultima opzione del soldato che resta disarmato.
Ma codeste statue, dunque, rappresentano pugilatori, e non pugili. Qualcosa che ha a che fare con il pugni, ma non proprio pugili. Perché altrimenti l’anomalia di una analogia affatto calzante con i pugili moderni risalterebbe subito.
Dice, però, che con una mano regge lo scudo in testa e con l’altra colpisce (!).
Ora osserviamo questo “pugilatore”, cosi definito dagli archeologi (tra cui Lilliu) fin dagli anni ’60, classificando analoghi bronzetti nuragici, e ora diventata verità ufficiale.
Ha uno scudo in testa, sorretto da un braccio, e l’altro braccio alzato, che mostra l’avambraccio a mo di “ombrello”, nei bronzetti è meglio visibile la protezione di un’elsa.
Ora un pugile, uno che fa a cazzotti riparandosi la testa con uno scudo, non si è mai visto. E che, oltre tutto, lascia tranquillamente la guardia del corpo scoperta. Uno così finirebbe knock out subito.
Né dobbiamo pensare che i pugili del passato fossero stolti. Le varie raffigurazione dei giochi sportivi e lo stesso racconto, nell’Iliade, dello scontro durante i “giochi” tra Epeo ed Eurialo, mostrano una cultura che oggi definiremo “sportiva” che presupponeva un accenno di tecnica pugilistica.
Del resto non si è mai visto uno che fa a pugni lasciando scoperto il corpo e riparandosi la testa. Da che mondo e mondo i pugni non piovono in testa, se non nei film di Bud Spencer e Terence Hill.
Tuttavia questa storia improbabile, persino ridicola, dei pugilatori è andata avanti, e per tutti, stampa compresa, ormai quelle statue rappresentano “pugilatori”.
Naturalmente si sono scatenati gli outsiders, ovvero studiosi e appassionati che stanno fuori dai binari stretti della storia ufficiale e possono dire quello che vogliono senza il rischio di minare la propria carriera, con il vulcanico linguista Pittau, ad esempio, che dice chiaramente che il re è nudo.
Poi c’è tutto l’inseguirsi di teorie ancora più fantasiose che vanno dai corridori in battaglia ai raccoglitori di sughero (la quecus suber, però, cresce in collina e non si estrae certo in quel modo).
Tuttavia questo interessa dimostra, ancora una volta che, quando la storia ufficiale offre un buco, mostra una voragine, è naturale che si cerchi di riempirlo in qualche modo.
Ora la mia è una formazione antropologica e, in questo caso, mi verrebbe da dire, per fortuna.
Perché senza troppe rincorse alla fantasia, già ce lo racconta la statua che cosa è.
Ed è una cosa molto semplice.
Un soldato che si protegge con un scudo.
Banale vero?
Si, ma da che cosa? Non certo dai cazzotti, ma da qualcosa che piove dall’altro ovviamente. Ovvero, molto semplicemente, pietre e frecce.
Pietre e frecce che, come è noto, nel loro tragitto formano una parabola e quindi giungono al bersaglio dall’alto, e non di fronte. Proiettili che rappresentano sempre il preliminare di tutte le guerre, da quelle antiche a quelle moderne. Quando un esercito, infatti, si avvicina ad uno schieramento, un accampamento, un villaggio nemico, fa una cosa molto semplice. Si ripara!
Esattamente quello che fanno, ancora oggi, le polizie di tutto il mondo quando osservano le manifestazioni che possono degenerare in tafferugli, con quei voluminosi scudi e i caschi.
Ora, l’ipotesi molto semplice di uno schieramento di soldati che si protegge in previsione di una battaglia, potrebbe anche risultare non vera, proseguendo nelle acquisizioni. Ma colpisce che ad una lettura così lineare e semplice si sia preferito l’errore palese, marchiano, manifesto. La verità inerte, ripetuta, ma che proviene da fonti ufficiali, dall’interno dell’accademia.
Una di quelle prove che dimostrano, se ce ne fosse bisogno, che la sottovalutazione della storia antica della Sardegna ha molte facce.
Una di queste deve per forza vedere l’antica civiltà nuragica offuscata, non sia mai che si debbano rivedere certe acquisizioni.
Infatti le tecniche di protezione con gli scudi, le “falangi”, sono state sviluppate dai Greci, in particolare da Filippo II con la famosa Falange Macedone, poi evoluta in Falange Oplitica. Gli stessi romani, che inizialmente mutuarono dagli Etruschi le tecniche belliche, idearono la famosa Testuggine, un sistema serrato di protezione della formazione bellica. Con una mano si regge lo scudo, e con l’altra lo si guida, in modo che la fila resti serrata, come si può vedere nella ricostruzione. Naturalmente la mano che guida lo scudo dev’essere protetta da un’elsa, dato che resterebbe scoperta.
Dimenticavo. A Vulci, in Etruria, fu ritrovato uno di questi bronzetti nuragici, uno di questi pugilatori.
Non sia mai che si possa dire che gli antichi nuragici utilizzassero avanzate tecniche belliche, non sia mai.
Ergo, continueremo ancora per molto a chiamare “pugilatore” un soldato con uno scudo in testa.


Inoghe un'àteru artìculu subra de sos Gigantes, de Francesco Giorgioni

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